Tra le figure più importanti della scultura del 20° secolo, l’artista americano Alexander Calder inizia la carriera artistica solo dopo il suo arrivo a Parigi. Quando nel 1926 sbarca nella capitale francese, il giovane ingegnere della Pensilvenia ha appena 27 anni, è pittore ed illustratore alle prime armi; al momento del suo ritorno negli Stati Uniti, guadagnatosi il titolo di figura emblematica del “drawing in space”, è diventato uno degli più grandi scultori del secolo.
Il Centre Pompidou gli offre oggi una retrospettiva strepitosa, tutta concentrata su questo florido periodo che va dal 1926 al 1933, anni in cui l’artista reinterpreta la scultura, trasformandola in “disegno nello spazio” ed evolvendola verso l’astrazione. L’esposizione si apre con una delle sue opere più importanti il “Calder’s Circus” , realizzato tra il 1926 e il 1931.
Dopo la sua acquisizione da parte del Whitney Museum, la mostra riporta il Circo a Parigi per la prima volta dal 1970. Quest’opera è considerata come il laboratorio in cui Calder sperimenta quelli che saranno gli aspetti più originali della sua poetica. Si tratta di un circo in miniatura formato da personaggi assemblati con pezzi di recupero (fil di ferro, tappi di bottiglia, pezzi di legno e cuoio, lembi di stoffa cuciti a mano). Queste figurine vengono animate dall’artista stesso che, attraverso rudimentali sistemi meccanici, riesce a spedire gli acrobati per aria, lanciare in volo trapezzisti, o far agganciare un toro alla fune di un cow-boy.
La linearità del disegno nello spazio che caratterizza le figurine e gli oggetti del Circo porterà in seguito Calder alla creazione delle più note sculture in fil di ferro. Le opere sono contraddistinte da un semplice tratto metallico concentrato sulla resa del movimento; un’invenzione “bricoleur” creata spontaneamente senza alcuno studio preliminare. Questi soggetti raffigurano l’ampia galleria di personaggi della società americana: protagonisti famosi, tipi sociali, atleti ed animali ritratti attraverso una visione umoristica e caricaturale.
L’anno 1930 segna la conversione di Calder all’astrazione, sia nella pittura, sia soprattutto nel suo modo di modellare il fil di ferro, associando alle “primitive” sculture elementi meccanici e di motorizzazione. Calder arriva così all’invenzione dei celebri “mobiles”, sculture che superano l’intento iniziale di affrancarsi dalla massa; ora é il movimento a porsi come protagonista unico dell’opera.
Una rivoluzione stilistica che risente di ciò che Calder stesso definì come uno choc: il suo incontro con Mondrian. Da quel momento le sue sculture si sarebbero trasformate in costruzioni metalliche lineari, dalle forme geometriche semplici, costellate da sfere o placche di ferro ritagliate dai colori sgargianti. Un’opera dunque in continua evoluzione, che trova tuttavia, proprio nel tema del movimento, il comune denominatore delle ricerche artistiche di tutta una vita.
La mostra è visibile fino al 20 luglio al Centre Pompidou di Parigi, il costo del bilietto é di 12 euro.